Strage Torre piloti: tutti assolti a Genova nell’appello bis. La madre di una delle vittime: “I potenti non si toccano”
La sentenza nel processo d’appello manleva da ogni responsabilità, tra gli altri, l’ex numero uno della Capitaneria Felicio Angrisano. In primo grado erano stati condannati. La protesta dei familiari contro la Corte
GENOVA. «Il fatto non costituisce reato, tutti assolti». È il verdetto del processo d’appello nel cosiddetto filone bis sulla strage della Torre piloti, incardinato sulla progettazione e sulla pericolosa collocazione del manufatto, oltre che sulla mancata prevenzione. Il 7 maggio 2013, ricordiamo, fu abbattuto dalla portacontainer Jolly Nero della compagnia Messina e a seguito del crollo morirono nove persone. Al termine dell'udienza in aula si sono levate le urla di Adele Chiello, madre di Giuseppe Tusa, morto nel disastro: «Erano poveri lavoratori uccisi mentre facevano il loro dovere, i superiori dovevano proteggerli, questa è un'ingiustizia».
La corte ha assolto tra gli altri l'ammiraglio Felicio Angrisano, numero uno della Guardia costiera a Genova e divenuto successivamente comandante generale. In primo grado era stato condannato a 3 anni. Per tutti gli imputati l'accusa era di omicidio colposo plurimo. Il processo era nato proprio dalla spinta della mamma di Giuseppe Tusa: affiancata da una serie di consulenti, la donna aveva presentato un dettagliato dossier che metteva nel mirino la posizione dell'edificio, giudicata pericolosa, e varie omissioni sul fronte della prevenzione.
Cancellati tutti gli addebiti
La Corte, presieduta dal giudice Vincenzo Papillo, ha quindi assolto l’ammiraglio Felicio Angrisano, numero uno della Guardia costiera a Genova e divenuto successivamente comandante generale prima della pensione (in primo grado gli erano stati inflitti 3 anni); Angelo Spaggiari, strutturista (1 anno e sei mesi in primo grado); l’ex tecnico del Consorzio autonomo del porto Paolo Grimaldi (2 anni in primo grado) e Mario Como, altro strutturista (1 anno e sei mesi la pena subita dopo il primo processo). Assolti inoltre Giovanni Lettich, del Corpo piloti, e Fabio Capocaccia, che del Consorzio autonomo del Porto - antesignano dell’Autorità di sistema portuale - era commissario e in primo grado aveva subito due anni. L’addebito era di omicidio colposo plurimo e gli imputati erano difesi, tra gli altri, dagli avvocati Enrico Scopesi, Sabrina Franzone, Giuseppe e Chiara Sciacchitano, Andrea Vernazza, Ernesto Monteverde, Emanuele Olcese.
Le accuse di una madre e l’inchiesta riaperta
L’accusa nel corso dell’appello è stata rappresentata dal sostituto procuratore generale Enrico Zucca. Il magistrato aveva chiesto due anni e sei mesi per l’ammiraglio Angrisano, un anno per Spaggiari, per Grimaldi e per Como, oltre alla conferma sempre di un anno per Lettich, mentre aveva proposto l'assoluzione per Capocaccia. Il dibattimento sulla costruzione era nato grazie alla tenacia della mamma di Giuseppe Tusa, una delle vittime. La donna, affiancata da una serie di consulenti, aveva presentato un dettagliato dossier che stigmatizzava la posizione dell'edificio e numerose omissioni in materia di prevenzione, svolgendosi comunque le manovre delle navi a poche decine di metri. La Procura aveva inizialmente chiesto l'archiviazione, ma la donna si era opposta e il giudice aveva ordinato al pm nuovi accertamenti, che hanno poi innescato il processo del quale diamo conto oggi.
Dieci anni fa morirono i militari della Capitaneria Francesco Cetrola, 38 anni, Marco de Candussio, 39, Daniele Fratantonio, 30, Giovanni Iacoviello, 35, Davide Morella, 33, Giuseppe Tusa, 30; il pilota Michele Robazza, 44, gli operatori radio dei rimorchiatori Sergio Basso, 50, e Maurizio Potenza, 50. Secondo quanto ricostruito fin qui dai magistrati, la Jolly finì contro la Torre al Molo Giano per un insieme di errori umani, compiuti dai vertici dell’equipaggio, guasti tecnici e appunto leggerezze nella realizzazione e nel monitoraggio dell'opera.
Le precedenti condanne per la manovra
Il primo filone di accertamenti, sulla manovra, aveva portato nei mesi scorsi alle condanne dell’allora comandante Roberto Paoloni (7 anni), del primo ufficiale di coperta Lorenzo Repetto (5 anni), del responsabile della sala macchine Franco Giammoro (4 anni).
Sempre collegata alla strage del 2013 è un’altra tranche, che coinvolge 13 dipendenti fra ispettori e dirigenti del Rina, il Registro navale italiano, due militari della Capitaneria e lo stesso Rina in quanto società, ai sensi d'una legge specifica sulla responsabilità amministrativa degli enti. Il pubblico ministero Walter Cotugno nei mesi scorsi ha inviato gli avvisi di conclusione dell'indagine preliminare, preludio della richiesta di rinvio a giudizio, con addebiti a vario titolo di falso e accesso abusivo a sistema informatico. La Procura contesta un sistema di «favoritismi diffusi», che ha determinato la falsificazione dell’esito dei controlli di sicurezza su alcune navi poi protagoniste d'incidenti gravissimi: in particolare la stessa Jolly Nero prima che fosse demolita e il traghetto Norman Atlantic (Società Visemar di navigazione, noleggiato dalla greca Anek Lines) che il 28 dicembre 2014 prese fuoco nel Canale d’Otranto e a seguito dell'incendio si registrarono nove morti e 19 dispersi.
L’ammiraglio Angrisano: “Non ho mai commentato e non lo faccio oggi”
«Non ho mai commentato e non lo faccio oggi», ha commentato l'ammiraglio Felicio Angrisano dopo l'assoluzione in appello nel processo sulla collocazione della Torre piloti. Angrisano, difeso dagli avvocati Carolina De Ferrari ed Ernesto Monteverde, è stato assolto con la formula "perché il fatto non costituisce reato" come gli altri imputati. Dopo la lettura del dispositivo l'ammiraglio ha abbracciato, visibilmente commosso, la sua avvocata che lo ha seguito per dieci anni.
Soddisfatti i difensori di Giovanni Lettich allora capo dei piloti del porto. «Siamo contenti per il comandante Lettich perché era fuori da ogni possibile coinvolgimento di questa vicenda avendo fatto tutto il possibile prima durante e dopo evento - hanno sottolineato il professore Sergio Carbone e l'avvocato Simone Vernazza - . Il comandante ha alle sue spalle una esperienza e risultati professionali che meritavano di essere riconosciuti come di fatto è avvenuto».
Pubblicato su La Tribuna Di Treviso