Ucciso durante i festeggiamenti per i Mondiali 2006 per aver urtato un ragazzino, arrestati gli assassini
In manette due fratelli: l’indagine si è chiusa 17 anni dopo
«Eravamo in strada a festeggiare la vittoria dell’Italia. Mentre festeggiavamo, Michele Coscia, sventolando la bandiera, se non erro con l’asta, colpì un ragazzo, all’epoca minorenne che era seduto su di un motorino. Il ragazzo, pur non essendosi fatto male, insultò Michele». Comincia così il racconto di Emanuele Pancia che il 23 ottobre del 2021 riapre un’inchiesta per omicidio, avvenuto a Napoli 17 anni fa, finita in archivio per mancava di prove forti. Un omicidio firmato da camorristi, ma non per ragioni di camorra. Michele Coscia non risultava inserito in logiche criminali, il suo unico ‘neo’ era l’aver avuto un fratello che invece aveva militato nel clan Stabile e che per via della sua appartenenza era morto ammazzato nel 2004 nella faida all’epoca in corso tra gli Stabile e i Lo Russo.
Michele Coscia, invece, si era tenuto lontano da certi contesti. Ma la sfortuna di abitare in un quartiere non facile e la circostanza di scontrarsi per motivi banali con chi fa della violenza la sua cifra distintiva gli è costata la vita. Ad ucciderlo due esponenti di spicco del clan Torino (che non opera più perché scompaginato da magistratura e forze dell’ordine), i fratelli Luigi e Nicola, entrambi figli del boss Salvatore ‘o gassusaro’ che poi è passato a collaborare con la giustizia. I due Torino sono stati raggiunti questa mattina da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a firma del giudice per le indagini preliminari Anna Imparato del Tribunale di Napoli: rispondono di omicidio volontario con le aggravanti dell’uso delle armi illegalmente detenuti e della matrice camorristica. La Dda ha ritenuto che con quel delitto i Torino abbiano voluto marcare il territorio e dimostrare la loro forza, dimostrare che nessuno, neanche una persona estranea al crimine, poteva mancare di rispetto a uno di loro. Michele Coscia, invece, quella sera - nella logica becera dei Torino - non chinò il capo dinanzi ai malavitosi del quartiere. Era il 9 luglio del 2006 e Michele Coscia stava festeggiando la vittoria dell’Italia ai Mondiali insieme agli amici. Si trovava al corso Chiaiano (nel quartiere di Chiaiano alla periferia nord di Napoli), nei pressi di un bar e di una tabaccheria. La strada brulicava di persone. Michele stava sventolando una bandiera, cantando a squarciagola, quando urtò un ragazzino che stava seduto su un motorino a parlare con degli amici. Un piccolo incidente, che quel minorenne non mandò giù. «Il ragazzino insultò Coscia», ricorda Pancia nel verbale di interrogatorio. A sua volta Coscia, che non conosceva il giovane, «reagì colpendo violentemente con la mano il paravento del motorino del ragazzo, tanto da spezzarlo, nel rompersi, una parte del paravento andò in faccia al ragazzo, che non reagì, anzi mise in moto il motorino e andò via». Pancia, che pure ignorava l’identità del giovane, ebbe una brutta sensazione («Non mi piaceva la faccia che fece»), così si mise in sella al motorino e lo seguì. Lo vide parlare con due persone poco raccomandabili, quindi lo fermò e si offrì di riparare il danno del paravento: «Gli dissi che volevo risarcirlo per la rottura del paravento, gli offri cento euro, glieli mostrai». Ma quel ragazzo «rifiutò dicendo anche andava bene così e andò via». Pancia tornò indietro e disse a Coscia di andare a casa: «Sentivo che non sarebbe finita lì, ma Michele non mi ascoltò». Aveva ragione, Pancia. Quel ragazzino era Roberto Torino, figlio del ras Salvatore Torino ‘o gassusaro, e, come gli avevano insegnato in famiglia, lo sgarbo andava punito con il sangue.
Poco dopo in quel corso Chiaiano si scatenò l’inferno: tre motorini, tutti con due persone in sella, raggiunsero quel pezzo di strada sul quale affacciavano il bar e la tabaccheria. «Su uno dei motorini c’era il giovane con il quale Coscia aveva litigato. Su un altro c’era Luigi Torino. Il ragazzo indicò a Luigi Torino Michele Coscia. Torino scese dal motorino e sparò due colpi. Io a quel punto andai via». Cosa accadde lo raccontano i carabinieri, giunti sul posto, e l’autopsia. Coscia fu raggiunto da ben sette colpi di pistola, due quali lo colpirono al tronco trafiggendo cuore e polmoni e non dandogli scampo. Due proiettili raggiunsero alle gambe una ragazza e un amico di Coscia, che rimedieranno 15 giorni di prognosi. Un fatto agghiacciante, ricostruito oggi grazie a Pancia e ai diversi pentiti che prima di lui avevano fatto menzione dell’accaduto, tra i quali pure il padre degli arrestati, ossia l’ex ras Salvatore Torino. Un fatto che testimonia la brutalità dei camorristi: a Napoli si può morire anche solo per aver avuto uno screzio di poco conto con chi fa della sopraffazione la sua arma per affermarsi.
Pubblicato su La Tribuna Di Treviso